Si chiamano Valero, Pep e Mohamed detto Moha:
sono gli (anti) eroi di questo "I tuttofare" della regista Neus Ballús,
titolo italiano che ricalca quello internazionale "The Odd-job Men" in
luogo dell'originale "Sis dies corrents" che significa "Sei giorni di
fila". Che sono i giorni di prova, una sorta di apprendistato, che Moha
deve compiere per essere assunto nella squadra di aggiusta-tutto
capitanata da Valero, in quel di Barcellona. Il socio storico di Valero,
Pep, ha infatti deciso di andare in pensione e così, la moglie di Valero,
che è quella che tiene le fila della piccola azienda artigiana, decide
di inserire un nuovo elemento, Moha, appunto, che dovrà sostituire Pep.
Però Moha a Valero non piace, non lo reputa all'altezza, lo punzecchia
perché, essendo di origini marocchine non parla ancora bene il catalano
che, per altro, Moha si impegna a studiare fino a notte fonda, insomma,
sul lavoro gli dà il tormento. I due non si pigliano proprio e la solfa
va avanti per tutti e sei giorni di prova: riuscirà Moha a farsi
assumere?
La domanda è giusto buttata lì per incuriosire il lettore ma niente di
più perché dal punto di vista narrativo quello è proprio l'ultimo dei
problemi. Il film infatti si muove su un terreno curioso situato a metà
strada tra commedia e documentario. La regista infatti ama lavorare con
attori non professionisti e infatti ha scelto i tre protagonisti dopo
migliaia di audizioni; i tre, quindi, interpretano praticamente se
stessi (i nomi che utilizzano nel film, per esempio, sono i loro veri
nomi). E però allo stesso tempo, il film è anche il frutto del lavoro di
un paio di anni di prove, di incontri finalizzati a prendere
dimestichezza con i rispettivi ruoli: 'Per due anni - ha raccontato la
regista a cineuropa.org - ci siamo incontrati periodicamente, giocavamo
con improvvisazioni basate su situazioni che avevano vissuto, portandole
al limite emotivo. Così ho trovato anche i personaggi e le storie,
scrivendo la sceneggiatura in parallelo. Alla fine di questo processo e
durante le riprese, mi ha aiutato un coach. Ma non proviamo mai le scene
del film, perché tutto ciò che accade è una sorpresa per i protagonisti:
non sanno chi troveranno nella scena, né qual è il guasto che devono
risolvere, né cosa deve accadere. Ma devono essere preparati ad
accogliere le emozioni che emergono'.
Ed è proprio qui, nell'elemento della sorpresa che si inserisce il lato
documentario dell'operazione. I tre tuttofare entrano negli appartamenti
per aggiustare una presa di corrente, uno scarico dell'acqua o
installare un condizionatore e si trovano a contatto via via con realtà
diversissime tra di loro. Da cui, anche, la nascita di situazioni
francamente comiche o comunque divertenti, imprevisti che si trasformano
in piccole gag, battibecchi continui e interminabili monologhi e
rimproveri da parte di Valero. In tutto questo il buon Moha, che ha un
carattere schivo, quasi timido, cerca di tener duro, di non cedere alle
piccole e grandi provocazioni (anche se poi...), e segue il filo dei
propri pensieri e delle proprie riflessioni che costituiscono una sorta
di controcanto (in voce fuori campo), alla vicenda che intanto, giorno
dopo giorno, procede verso un finale non così scontato: oltre ai
rubinetti e alle prese, forse si possono anche aggiustare i rapporti
umani.
L'Eco di Bergamo - Andrea Frambrosi - 11/06/2022
La distribuzione internazionale ha scelto un titolo facile, un po'
fuorviante, ma è un modo per capire di costa stiamo parlando. "The
Odd-Job Men" (in Italia, "I tuttofare"), infatti, sono gli operai di una
piccola azienda alla periferia di Barcellona e, nell'epoca delle
specializzazioni, sono dei veri factotum che aggiustano tutto, senza
farsi troppi problemi. Ma è il titolo originale a darci una chiave di
lettura meno didascalica: "Sis dies corrents", cioè 'sei giorni di fila',
il periodo in cui Moha, giovane idraulico marocchino, dovrà convincere
Valero, il principale della ditta, a farsi assumere in vista del
pensionamento dell'anziano Pep. Partendo da qui, ci appare evidente che
il film della catalana Neus Ballùs non si limiti a raccontare i
personaggi considerati a partire dalla loro qualifica professionale,
quanto piuttosto a collocare i suoi antieroi all'interno di un'indagine
sociale che è anche racconto popolare.
È un'operazione raffinata, quella della regista, che rinnova i parametri
del 'cinéma vérité' prendendo tre persone chiamate a interpretare sé
stessi ma anche le versioni romanzesche di sé stessi, così da poter
ricercare un'autenticità totale, capace di incidere perché in equilibrio
tra la testimonianza del documentario e la forma della finzione o della
sua rielaborazione. Le relazioni tra i tre protagonisti e i loro
rapporti con i clienti - anche loro reali - sanno essere credibili
proprio perché sgorgano dalla normalità e rispecchiano un approccio
umanista che mette al centro l'uomo e non l'azione. Scegliendo la
contaminazione come chiave d'accesso alla vita e alla sua comprensione
meno didascalica eppure parimenti limpida, Ballùs scandaglia uno
specifico 'tranche de vie' - precisamente evocato dal titolo, a sua
volta allusivo di quella 'acqua corrente' che è si riferisce al mestiere
degli idraulici - per misurare lo specifico all'altezza di un contesto
più universale: quello di un mondo globalizzato e allo stesso tempo
ancorato ai ritmi e alle usanze di qualche decennio fa, tenace nel
preservare l'empatia dell'apparato umano e diffidente rispetto alle
novità e ai corpi estranei.
Esito di un lavoro lungo sei anni, "I tuttofare" è un film sintonizzato
sulle onde del nostro tempo eppure - o proprio perché - figlio di una
tradizione che dallo statuto neorealista arriva alle rivendicazioni di
Ken Loach fino alle sperimentazioni del Pedro Pinho di "A fábrica de
nada". Nello sguardo di Ballùs fiducia e interesse per i destini dei
suoi personaggi, ma a colpire davvero sono la volontà di non rinunciare
al coefficiente di leggerezza, l'intesa tra interpreti e autrice,
l'osservazione dell'orizzonte urbanistico. Al Festival di Locarno 2021,
gli inediti Valero Escolar e Mohamed Mellali hanno vinto il premio per
la migliore interpretazione.
Rivista del Cinematografo - Lorenzo Ciofani - 06/06/2022 |