Una donna delle pulizie, vedova di guerra,
che sogna un abito di Christian Dior, una modella (di Dior) che legge
'L'essere e il nulla' di Jean-Paul Sartre, e di cui è innamorato un
timido contabile della stessa Maison, un'inflessibile e supponente
direttrice, un marchese gentile: sono i protagonisti di questo simpatico
"La signora Harris va a Parigi" diretto da Anthony Fabian dal romanzo di
Paul Gallico.
Londra, anni Cinquanta, Ada Harris (Lesley Manville) lavora come
domestica a ore, arrotondando i magri guadagni (spesso la signora per
cui lavora si 'dimentica' di pagarla: 'Sa, cara, siamo tutti in
ristrettezze in questo momento') con lavori di cucito nei quali è molto
abile. Saranno anche tempi di ristrettezze, ma un giorno la signora per
cui Ada lavora compra un abito di Dior che costa cinquecento sterline.
Quando lo vede, Ada ne rimane folgorata e decide di volerne uno così
anche lei. Facile? Ma nemmeno per sogno, dove le trova una come lei
cinquecento sterline? Ma siccome, come diceva un suo grande conterraneo
qualche centinaio di anni prima, 'siamo fatti della stessa sostanza dei
sogni', ormai la signora Harris ha un solo sogno, quello di possedere un
vestito di Dior e non ci rinuncerebbe per niente al mondo. Non sveleremo
come, per non rovinare la sorpresa agli spettatori, ma comunque Ada
(tanto questo lo si capisce dal titolo) riesce a partire per Parigi
dove, ancora con la valigia in mano, si presenta nell'atelier della
Maison di moda dove sta per essere quasi buttata fuori dato che la sua
presenza viene ritenuta inopportuna e imbarazzate dalla direttrice
Claudine Colbert (Isabelle Huppert) mentre in aiuto di Ada interviene
l'inappuntabile marchese di Chassagne del sempre ottimo Lambert Wilson.
Quando poi, nel corso della storia, Ada e Claudine, la direttrice, si
troveranno faccia a faccia, la donna contesterà ad Ada il suo diritto di
essere lì dicendole che lei 'non è nessuno'. Saputo però poco dopo che
Ada sarà ricevuta dal marchese, la stessa Claudine esclamerà
stupitissima: 'Ma il marchese non riceve mai nessuno!'. E Ada: 'Ma io
sono nessuno'.
Sì, Ada non è nessuno, è quasi una presenza invisibile, vive sola dopo
essere rimasta vedova di guerra, ha un'amica con la quale passa qualche
serata in un locale, la sua vita è quella lì. Ma proprio questo suo
essere 'nessuno' sarà, invece, la sua forza perché è quasi un suo potere
magico: si intrufola nella vita della Maison, in quella del contabile
che ospita Ada in casa sua e che è segretamente innamorato di una delle
modelle, la bella Natasha (Alba Baptista). Addirittura si inserirà anche
nella vita di Claudine (che non è poi così altezzosa come sembra sul
lavoro) e addirittura nella stessa vita di Christian Dior in persona.
Ada è stata definita una sorta di Mary Poppins per questo suo tocco
quasi magico, appunto, in realtà realissimo, di risolvere le situazioni,
appianare i contrasti, addirittura far sbocciare l'amore. Una favola,
ovvio, ma tutto sommato piacevole anche per lo spettatore più smaliziato
invitato a lasciarsi andare, per una volta, a condividere un sogno:
quello della signora Harris.
L'Eco di Bergamo - Andrea Frambrosi - 20/11/2022
Siamo nella Londra fine anni '50, ancora colpita dalle ristrettezze
della guerra in tutte le classi sociali. Ada Harris, vedova non più
giovane, si mantiene facendo le pulizie, e un abito di Dior che una
signora dell'alta società ha acquistato (ben oltre le proprie
possibilità) le scatena un desiderio di possesso che è anche rivalsa, o
meglio autoaffermazione, dopo una vita di stenti. La donna è determinata
ad impiegare ogni sterlina ottenuta (che siano i magri compensi, il
risarcimento governativo o il frutto delle scommesse) per andare alla
'maison' Dior a scegliere il 'suo' abito. Il film, magnificamente
sceneggiato, assume i toni della favola sin dalla prima scena, immersa
nella nebbia londinese prima dell'alba, quando inizia la giornata di
lavori domestici: Cenerentola diventa Mary Poppins, e nel finale di
nuovo Cenerentola, con tanto di ballo.
La radiosa e misurata Leslie Manville, lanciata da Mike Leigh
(impagabile in "Un altro anno") e candidata all'Oscar per "Il filo
nascosto", riesce ad evitare ogni stucchevolezza, lambisce (come i toni
del regista) la melassa ma la evita e fa del suo personaggio di donna
invisibile, che scopre dopo quasi tre lustri di essere una vedova di
guerra, simbolo inconsapevolmente rivoluzionario della trasformazione
dell' 'haute couture' nella moda alla portata della donna comune,
ispirando il direttore amministrativo della 'maison' a convincere lo
stilista, a un passo dal tracollo economico, a compiere il grande passo.
Ad ogni mossa falsa, ad ogni rovescio della sorte corrisponde una
maggiore fortuna, e nulla (né un vestito né un sentimento né un penny)
andrà sprecato, figuriamoci Jason Isaacs…
Gli autori inquadrano il viaggio di Ada a Parigi, per realizzare il
piccolo sogno di acquistare un abito unico, in un contesto di scioperi
della nettezza urbana, con le strade invase dai rifiuti, aggiungendo
sprazzi di esistenzialismo e di rivendicazione femminile. Quasi alle
soglie degli anni '60, grandi cambiamenti si affacciano nella società
europea e una piccola, generosa e amabile donna delle pulizie, sarta
modello e dotata di buon gusto, incarna il meglio del vecchio ordine e
l'aspirazione a una maggiore giustizia sociale, circondata da personaggi
femminili simbolici ma ben inquadrati, tra cui il 'jolly' Isabelle
Huppert, nel ruolo della direttrice classista e tradizionalista. Se vi
sembra troppo per una commedia romantica britannica, resterete stupiti
dalla misura e dall'equilibrio del film.
Vivilcinema - Mario Mazzetti - 2022-5-33 |