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Regia: Ken Loach
Interpreti: Kris Hitchen (Ricky Turner), Debbie Honeywood
(Abbie Turner), Rhys Stone (Seb), Katie Proctor (Lisa Jane), Ross
Brewster (Maloney)
Genere: Drammatico
Origine: Gran Bretagna/Francia
Anno: 2019
Soggetto: Paul Laverty
Sceneggiatura: Paul Laverty
Fotografia: Robbie Ryan
Musica: George Fenton
Montaggio: Jonathan Morris
Durata: 100'
Produzione: Rebecca O'Brien per Sixteen Films, coprodotto
Why Not Productions, Wild Bunch, Les Films du Fleuve
Distribuzione: Lucky Red (2020) |
"Sorry We Missed You", ovvero 'Ci spiace di
non avervi trovati', è il testo del biglietto che i corrieri lasciano ai
destinatari dei pacchi non presenti in casa al momento del loro
passaggio. Un messaggio in apparenza cortese che cela però i forsennati
ritmi di lavoro degli autisti. È anche il titolo del film di Ken Loach
in gara all'ultimo Festival di Cannes e molto imparentato con il
precedente "Io, Daniel Blake", che vinse la Palma d'oro, anche solo per
l'ambientazione nella città di Newcastle. Ricky e Abby sono una coppia
con due figli adolescenti, l'irrequieto Seb e la più responsabile Liz.
L'uomo ha cambiato molti lavori nel campo delle costruzioni e decide di
prendere in franchaise un furgone per fare consegne. Per affrontare la
caparra iniziale, Ricky deve vendere l'automobile della moglie, che fa
l'assistente domiciliare a sei persone anziane o disabili in un
circondario ampio, costringendola a muoversi con i mezzi pubblici. Se la
speranza è raggiungere un reddito migliore per stare dietro alle tante
spese, per Ricky diventa quasi un incubo: anziché un vero lavoro in
proprio, si accorge presto che è peggio che essere dipendente. Stretto
dai tempi contingentati per le consegne, che non permettono neppure una
sosta in bagno (un collega più esperto gli consegna subito una
bottiglietta per far fronte alle impellenze), finisce con il non aver
più tempo per la famiglia e i rapporti ne subiscono le conseguenze,
soprattutto con Sebastian che attraversa una fase difficile e
conflittuale. Il ragazzo è disilluso sull'utilità dello studio: sta
accantonando l'idea di frequentare l'università, che tanto sta a cuore
ai genitori desiderosi di una sua ascesa sociale, e preferisce dipingere
graffiti sui muri che frequentare le aule scolastiche. Il crescendo di
momenti sempre meno sostenibili per i protagonisti, quasi una via crucis
laica, conduce all'inevitabile dramma. Loach, partendo dalla
sceneggiatura del fido collaboratore Paul Laverty, racconta da par suo
le ripercussioni di turni estenuanti sulla vita privata. È la storia di
un lavoratore e della sua famiglia dove c'è spazio per l'emergere delle
aspirazioni e delle fatiche di tutti e quattro, anche se il centro sono
i genitori con le loro attività. Questo perché anche nei servizi sociali
le richieste sono stringenti, l'impegno è massacrante e la remunerazione
non è adeguata. Il meccanismo è chiaro dal principio, però il regista ha
la capacità di costruirci una pellicola con tanti dettagli e attenta a
tutte le sfumature, compresa qualche risata e qualche riferimento
calcistico (gli sfottò tra tifosi di Manchester United e Newcastle). Il
mix di realismo anche brutale e sentimenti veri ne fa un film bello ed
emozionante, forse più coeso dello stesso "Daniel Blake" anche se manca
il monologo forte che c'era là. Gli autori non si limitano a denunciare
il sistema dei corrieri e dei trasporti (i riferimenti ad Amazon e alle
altre grandi società della gig economy sono chiari) e i meccanismi
economici che guardano solo al contenimento dei conti a spese di chi
presta i servizi, ma dovrebbe far riflettere chi ne usufruisce in
maniera frequente e che diventa, con le sue esigenze o pretese,
corresponsabile del meccanismo. Ancora una volta Loach scova interpreti,
a partire dagli sconosciuti da noi Kris Hitchen e Debbie Honeywood,
perfetti, con facce ed emozioni molto credibili. |