 |
Titolo originale: id
Regia: Ruben Östlund
Interpreti: Harris Dickinson (Carl), Charlbi Dean (Yaya), Woody
Harrelson (Thomas Smith), Zlatko Buric (Dimitry), Sunnyi Melles (Vera)
Genere: Drammatico
Origine: Svezia/Germania/Francia
Anno: 2022
Soggetto: Ruben Östlund
Sceneggiatura: Ruben Östlund
Fotografia: Fredrik Wenzel
Musica: Mikkel Maltha
Montaggio: Mikel Cee Karlsson
Durata: 150'
Produzione: Plattform Produktion, Philippe Bober, Erik
Hemmendorff, Julio Chavezmontes, Per Damgaard Hansen, Giorgos Karnavas,
Konstantinos Kontovrakis, Marina Perales Marhuenda
Distribuzione: Teodora Film (2022) |
Si può quasi pensare tutto e il contrario di
tutto su "Triangle of Sadness" dello svedese Ruben Östlund, vincitore
dell'ultima Palma d'oro come aveva già fatto nel 2017 con "The Square".
Tutto tranne che si tratti di un'opera davvero originale. Il regista che
si era fatto conoscere con "Forza maggiore" porta avanti il suo discorso
sulla società attuale, soprattutto i ricchi e le loro attività, in
superficie, mettendole alla berlina e in ridicolo, ma al livello appena
sottostante utilizza tutti gli elementi e le trovate per sostenere un
meccanismo che si autoalimenta e che asciuga ogni forza di critica
sociale.
Il film è costruito su un prologo sul mondo della moda (interessante e
complementare a "The Square" sull'ambiente dell'arte contemporanea) e
tre parti, la relazione tra i modelli Carl e Yaya, la loro crociera su
uno yacht e il naufragio su un'isola. Come e più che in "The Square",
Östlund ripropone un cinema di eccessi e accumuli, senza temere di
risultare insostenibile sia per le situazioni sia per la lunghezza: le
due ore e mezzo totali sono francamente troppe.
L'antefatto propone i provini per le sfilate e introduce Carl, cui
individuano in mezzo alle ciglia il "triangolo della tristezza" del
titolo e che non lo rende adatto alle passerelle. Il giovane guadagna
molto meno della collega e fidanzata, con la quale lo vediamo poi cenare
in dialoghi all'insegna del rapporto tra i sessi alla luce delle
disparità economiche. La donna è un'influencer e, anziché denaro riceve
omaggi, come la crociera che occupa la lunga parte centrale del film. La
coppia si trova in mezzo ai ricconi in vacanza, con l'eccentrico
capitano americano marxista interpretato da un travolgente Woody
Harrelson. È il capitolo più divertente, con situazioni esilaranti
all'insegna del mal di mare e del vomito e dialoghi scoppiettanti a
colpi di citazioni celebri tra il marinaio che ascolta l'Internazionale
e un russo danaroso che esalta il liberalismo più spietato.
L'ultima parte è incentrata sul gruppo che sopravvive al naufragio su
un'isola greca che troppo deserta non può essere. Qui avviene un
ribaltamento di ruoli, con il potere che passa in mano a chi sa
accendere un fuoco e cavarsela in condizioni estreme. Potrebbero
apparire scene di lotta di classe a chi una certa terminologia politica
l'ha solo orecchiata, un po' come era accaduto per un'altra Palma d'oro
come il coreano "Parasite", nella realtà sembra di essere in un film di
Lina Wertmüller (o, volendo, "Selvaggi" dei Vanzina), con tante idee
tratte da "Il signore delle mosche". Östlund vorrebbe fare lo strano e
l'originale, ma quasi tutto deriva da altro: la parte centrale mescola
"Underground" di Kusturica e "La grande abbuffata" di Ferreri e molto
altro, con citazioni da "Shining" o "Trainspotting".
Qualche battuta è azzeccata (come l'ironia su alcuni marchi di
abbigliamento e le loro filosofie), alcune scelte di regia soprattutto
nella cena e il dopo cena della coppia sono apprezzabili, ma troppo
sembra costruito in funzione di un meccanismo di accumulazione (in fondo
lo stesso del capitalismo che vorrebbe criticare) che si autoalimenta e
non sfocia in nulla. L'unica situazione portata a compimento è quella
dell'anziana coppia di produttori di mine anti-uomo che si lamenta dei
trattati internazionali. Se fare un film politico al giorno d'oggi è
molto difficile, Östlund prende la scorciatoia di buttarla in caciara e
spargere fumo (e non solo) verso lo spettatore.
L'Eco di Bergamo - Nicola Falcinella - 30/10/2022
Dopo aver vinto la Palma d'oro nel 2017 con "The Square", Östlund torna
a Cannes in gara con un film spiazzante, riflessione divertita ed
esasperata sulle contraddizioni della società capitalista e delle
incongruenze del mondo della moda. Una storia che per ambientazione e
circostanze richiama in modo bizzarro a tratti "Travolti da un insolito
destino nell'azzurro mare d'agosto" di Lina Wertmüller e a tratti
qualcosa dell'infinita serie Tv 'Lost', con un inserto, proprio al
centro del film, che si abbandona al puro delirio comico più trash.
Carl e Yaya sono una coppia di giovani modelli che lavorano nel campo
dell'alta moda e che tentano di sperimentare modelli di relazione meno
legati agli stereotipi di genere. Grazie al loro lavoro di influencer, i
due vengono invitati ad una crociera di lusso a bordo di uno yacht
insieme ad un gruppo di passeggeri estremamente facoltosi, tra cui la
famiglia di un oligarca russo, una coppia di trafficanti d'armi
britannici e un capitano idiosincratico, alcolizzato e amante di Marx.
Dopo un primo momento di apparente quiete, una tempesta, sia
meteorologica che - si può dire - sanitaria, si abbatte sulla nave da
crociera con un esito catastrofico. Solo Carl, Yaya e pochi altri
riescono a salvarsi su un'isola deserta. Qui le esigenze di stretta
sopravvivenza inducono ad uno stravolgimento delle gerarchie sociali.
L'intento di Östlund era esattamente quello sortito sul pubblico in sala
al Festival di Cannes: scioccare, divertire e provocare. "Triangle of
Sadness" inizia nel mondo della moda e termina su un'isola deserta; nel
mezzo c'è un capitano comunista, Harrelson, che si ubriaca con oligarca
russo e disputa con lui a colpi di citazioni, mentre la nave è sbalzata
da una fortissima tempesta e tutto intorno i passeggeri sono afflitti da
una violentissima intossicazione alimentare. Questa estenuante,
spiazzante e delirante scena centrale del film rappresenta anche un
punto di svolta dei personaggi. "Triangle of Sadness" è il primo film in
lingua inglese di Östlund, ma questi spiega che, dopo aver temuto in un
primo momento di rischiare di non essere sufficientemente a suo agio con
la sua seconda lingua, ha voluto cogliere l'occasione di una produzione
che gli consentisse di spingersi oltre. E la reazione del pubblico di
Cannes ha confermato la riuscita delle sue intenzioni.
Ciak - Vania Amitrano - 22/05/2022 |