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Regia: Gabriele
Salvatores
Soggetto: dalla commedia omonima di Alessandro Genovesi
Sceneggiatura: Alessandro Genovesi, Gabriele Salvatores
Fotografia: Italo Petriccione
Montaggio: Massimo Fiocchi
Musica: Louis Siciliano
Scenografia: Rita Rabassini
Costumi: Patrizio Chericoni
Interpreti: Fabio De Luigi (Ezio), Margherita Buy (Anna),
Fabrizio Bentivoglio (Vincenzo), Valeria Bilello (Caterina), Diego
Abatantuono (il padre di Marta), Carla Signoris (la madre di Marta)
Produzione: Maurizio Totti per Colorado film ecc
Distribuzione: 01
Durata: 90'
Origine: Italia, 2010. |
Gabriele Salvatores non è certo un
nome sconosciuto per il nostro pubblico, quasi tutti sanno dell'Oscar
vinto dal regista milanese di origine napoletana per
"Mediterraneo"(1991), mentre il precedente "Turnè" era presente nella
nostra rassegna del 1990/91. Dopo due film ispirati ad altrettanti
romanzi di Niccolò Ammaniti ("Io non ho paura" 2003 e "Come Dio comanda"
2007) il regista si è preso una vacanza leggera abbandonando le comode
autostrade della produzione nazionale per imboccare con viva curiosità e
pari convinzione i sentieri capricciosi di un gusto indipendente e
internazionale. "Happy Family" è una commedia nutrita di simpatica
follia, una ballata che gira volutamente su se stessa, un poemetto
perplesso e dubbioso sui meccanismi che tengono in piedi le cosiddette
famiglie allargate; a ben vedere, in fondo, la versione italiana
dell'interessantissimo filone d'avanguardia promosso dai vari Wes
Anderson ("Il treno per Darjeeling" presente nel cartellone del
2008/09), Michael Gondry ("Se mi lasci ti cancello" stagione 2005/06),
Dayton e Faris ("Little Miss Sunshine" stagione 2006/07), benché l'opera
sia tratta da una fortunata commedia dell'italianissimo Alessandro
Genovesi. Il tema dell'autore fittizio - uno sceneggiatore nullafacente
interpretato da Fabio De Luigi - che racconta la storia rivolgendosi
agli spettatori, salvo poi discutere con i personaggi che hanno nei suoi
confronti un sacco di pretese, ha illustri precedenti sia filmici che
teatrali. E non a caso una delle sue creature - il padre di famiglia
strafottente Diego Abatantuono - lo apostrofa chiamandolo , in modo
molto milanese, 'Uhèi, Pirandello!'. Ci sono due famiglie che si
incontrano per una cena che intenderebbe festeggiare il precoce
matrimonio tra i sedicenni compagni di scuola Marta e Filippo. A farle
incontrare, lo sappiamo, è lo sceneggiatore Ezio, che trascorre tra una
paura di vivere e l'altra, le proprie giornate all'interno del suo
appartamento milanese. L'autore divide questo suo racconto in tre atti:
"personaggi e interpreti", "confidenze", "family". Il capitolo secondo,
"confidenze" appunto, è quello dedicato al cuore del film, la cena in
cui i personaggi presentati nella prima parte scoprono affinità, o, come
nel caso dei due ragazzini, contrasti insanabili. Ecco Vincenzo
(Fabrizio Bentivoglio) scoprire di essere gravemente malato di cancro e
trovare nelle stravaganze dell'altro capofamiglia fumatore di haschish
(Abatantuono) la possibilità di una nuova amicizia, un'altra vita da
consumare in fretta viaggiando in barca verso Panama. C'è poi la bella
ma complessata pianista Caterina, figlia di Vincenzo e Anna (Margherita
Buy) e sorella di Filippo, che fa perdutamente invaghire il narratore
stesso del film, Ezio appunto, anch'egli invitato alla cena per aver
conosciuto Anna in un incidente in bicicletta. Tanti intrecci e
personaggi diversi per una commedia lieve che intenderebbe raccontare le
crisi identitarie, familiari e rituali dell'Italia di oggi, ma che in
realtà riflette soprattutto sull'arte, la vita, e, più implicitamente,
sul cinema italiano di oggi e la sua "ansia" di
comunicare/divertire/sperimentare. Stregando i cuori di tutti gli over
40 nello scegliere come colonna sonora alcune canzoni originali di Simon
& Garfunkel (diverse da quelle del "Laureato"), Salvatores si allontana
dal grottesco Made in Italy come dal barzellettismo da cinepanettone per
provare ad aprire la finestra e portare aria nuova nella sala da pranzo
dei film italiani. Ogni spettatore dovrebbe essergli grato per questo,
ma anche per il più divertente Abatantuono da molti anni a questa parte,
come per un finale che accarezza quelli che 'scappano', coccola quelli
che hanno paura e celebra la sincerità delle vite senza trama e chi le
racconta. |