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Titolo originale: id
Regia: Gus Van Sant
Sceneggiatura: Dustin Lance Black
Fotografia: Harris Savides
Montaggio: Elliot Graham
Musica: danny Elfman
Scenografia: Bill Groom
Costumi: Danny Glicker
Interpreti: Sean Penn (Harvey Milk), Emile Hirsh (Cleve Jones),
Josh Brolin (Dan White), Diego Luna (Jack Lira), James Franco (Scott
Smith)
Produzione: Bruce Cohen, Dan Jinks ecc
Distribuzione: Bim
Durata: 128'
Origine USA, 2008 |
Oscar 2009 a Sean Penn
come miglior attore protagonista e a Dustin Lance Black per la miglior
sceneggiatura originale di quest'ultimo fortunatissimo film di Gus Van
Sant: "Milk", la pellicola era anche candidata per miglior film, miglior
regia, attore non protagonista (Josh Brolin), colonna sonora, montaggio
e costumi. Compiuti da poco i quarant'anni, Harvey Milk si trasferisce
con il compagno Scott da New York nel quartiere popolare di Castro, San
Francisco, che sta diventando porto franco per gli omosessuali,
all'epoca (primi anni '70) apertamente perseguitati, picchiati, additati
al pubblico disprezzo come pericolosi pervertiti. Gradualmente, si
scopre una tempra di combattente e un forte istinto politico, un carisma
di eroe per caso che lo obbliga a farsi paladino dei diritti della
comunità gay. Bocciato più volte alle elezioni non si tira indietro, ma
ritenta fino a quando, nel 1977, viene eletto nel "board of supervisors"
(i consiglieri comunali) di 'Frisco' amministrata dal sindaco George
Moscone. Da lì promuove una battaglia civile per difendere i cittadini
dai licenziamenti per orientamento sessuale; inoltre per parare i colpi
dell'integralismo religioso rappresentato da Anita Bryant e battersi
contro un referendum statale che mira a cacciare dalle scuole gli
insegnanti gay e chi li sostiene. Abile oratore, Milk affronta bene i
dibattiti televisivi; ma soprattutto sa mobilitare le piazze, con
l'aiuto di un gruppo di giovani militanti che ha convinto a sposare la
causa, anonimamente minacciato di morte, non sa che il vero pericolo
viene da un collega, Dan White, altro consigliere eletto insieme a lui
dietro la cui "normalità" di padre si cela la follia. Nel cinema di Van
Sant si sono sempre succeduti una serie di 'angeli caduti' come in
"Belli e Dannati" (1991), "Elephant" (2003), "Last Days" (2005), "Paranoid
Park" (2007), avvolti da un'aura di lirismo, serviti da uno stile
sfuggente, che non arretra davanti agli accostamenti più incongrui. Non
fa eccezione neppure "Milk" nonostante il film appartenga alla corrente
più 'commerciale' del regista accanto ad opere come "Scoprendo Forrester"
(2000) e "Will Hunting" (1997). Difatti, Milk se non è giovane d'età, lo
è per psicologia e intenzioni: anche il suo è uno dei tanti crudeli
racconti di giovinezza messi in scena dal regista di Portland, al centro
dei quali sta una sorta di personaggio alla "San Sebastiano" come viene
dipinto da Antonello da Messina; l'unico che sembra possedere, ancora,
uno sguardo "puro", incontaminato sul mondo. Eppure Van Sant, benché
racconti vicende reali, si guarda bene dal disegnare il santino del suo
protagonista: nel suo film c'è molto di più! L'autore immerge lo
spettatore in un perfetto contesto d'epoca, mischiando la pellicola
nuova (trattata con colori anni '70, alla 'Woodstock') a riprese di
repertorio, con l'aggiunta di idee originali: come lo split-screen, il
mosaico visivo che suddivide lo schermo in tanti piccoli schermi, a
restituire il corrispondente visivo del "passaparola". Altro merito,
quello di non enfatizzare o esaltare troppo gli elementi già 'forti' del
film: come la trasformazione della politica in spettacolo, per la quale
gli anni '70 furono decisivi, o una sorta di fatalismo drammatico
implicito negli eventi (alcuni degli amanti di Milk si tolsero la vita).
Saggiamente, il regista sceglie la via del dramma a freddo, mentre
delega l'implicita essenza melodrammatica alle note di "Tosca", opera
molto amata dall'attivista. Quanto a Sean Penn, si cala nel personaggio
con l'intensità dolente degli adepti del "metodo" Actor's Studio,
tirando fuori la parte femminile che è in lui, come in ciascun uomo. Lo
contrasta bene Josh Brolin cui si deve la recente e credibile
interpretazione di "W" di Oliver Stone |