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Regia:
Stefano Mordini.
Sceneggiatura: Silvia Barbiera, Stefano Mordini.
Fotografia: Italo Petriccione.
Montaggio: Massimo Fiocchi.
Musica: Fabio Barovero.
Scenografia: Tommaso Bordone.
Costumi: Antonella Cannarozzi.
Suono: Mauro Lazzaro, Daniela Bassani.
Interpreti: Stefano Accorsi (Marco Battaglia), Valentina Cervi
(Silvia Battaglia), Ivan Franek (Dragan), Miro Landoni (Quarto).
Produzione: Minnie Ferrara ecc.
Distribuzione: Medusa.
Durata: 107'.Origine: Italia, 2005 |
Stefano Mordini è il giovane regista,
esordiente nel lungometraggio dopo alcuni documentari tra quali "Paz 77"
su Andrea Pazienza, di questo "Provincia Meccanica", unico film italiano
che ci ha rappresentato al Festival del cinema di Berlino 2005.
All'interno di quel meccanismo monotono che è la vita in provincia (il
film è girato nel ravennate ma non viene chiarito dove ci troviamo),
immobile e sempre uguale, si snoda la vita di Marco e Silvia Battaglia,
una giovane coppia con due bambini, Sonia e Davis. Hanno un cane e un
iguana e la loro casa non sembra seguire le normali regole dettate dal
perbenismo locale. Ma purtroppo l'amore di Marco e il lavoro in fabbrica
non bastano per dare una relativa tranquillità alla famiglia, la cui
armonia e la pace sono continuamente minati dal giudizio sarcastico
della madre di Silvia. Quest'ultima, approfitta di una piccola crisi per
ottenere l'affidamento della bambina in età scolare (Sonia, che a scuola
non va). Il rapporto di Marco e Silvia ha una scossa, le abitudini
vengono sconvolte, la fiducia viene meno e tutti sembrano dimenticare di
essere una famiglia. Silvia ammutolisce e con disperazione Marco la
vedrà darsi a un altro uomo. Ma nonostante gli errori e la strada in
salita l'amore saprà riunirli? L'approccio al soggetto dell'opera appare
originale e gli attori sembrano in parte: Stefano Accorsi tra il
ruspante e il tenero, e Valentina Cervi nei panni di una sorta di
risposta padana a Courtney Love, tutta rossetti audaci e mutande a
vista. Con il chiaro intento di dedicarsi ai personaggi centrali e fare
del suo film un denso e sobrio 'studio di caratteri', Mordini tralascia
tutto il resto, e il mondo al di fuori del microcosmo dei Battaglia,
quella società che non accetta i 'freaks' dell'anticonformismo, è
inadeguatamente rappresentata solamente da uno sparuto e fiacco gruppo
di personaggi secondari: un'assistente sociale che recita forse quattro
battute e agisce con il benestare di autorità invisibili, il collega di
Marco, un sindacalista di mezza età, schiacciato dagli ordini "dall'alto",
e infine i genitori di Silvia, che si portano la piccola Sonia nella
loro linda villetta patrizia, e il cui rapporto con la figlia, che
dovrebbe essere la causa di tutta la catastrofe, non risulta minimamente
indagato. Sempre riferendoci ai personaggi fondamentali Silvia (una
Valentina Cervi che forse qui ritroviamo nell'interpretazione più
insolita e anticonvenzionale) è poco abile nel giostrare figli o tenerli,
ma perfetta nei suoi completi tutti uguali e colori diversi di vestitini
estivi e tacchi lucidi; si muove come se fosse in ogni azione al di
fuori di se stessa, ubriaca. Si avvicina ad essere annullamento del
sesso e non somma di sessi, esplosione di femminilità alienata nel suo
essere. I capelli sempre sulla faccia, un viso tagliato da linee d'occhi
e labbra che funzionano come unica zona di distinzione delle espressioni.
Annulla tutto il resto, i bambini, le centrali Enel in campo lungo, il
marito, la madre, l'amante, le case, ogni corpo a contatto con lei.
Accorsi di contro è ancora usato come vedette, concentrazione della
banalità di un ruolo possibile (la vedette in realtà non ha ruolo),
specializzato in un vissuto apparente, oggetto dell'identificazione alla
vita senza profondità, che non riesca a compensare la polverizzazione
dei ruoli effettivamente vissuti. Accorsi è il botteghino, la Cervi è
una sfida al modello della donna 'comune'. E' un'impronta di stile e un
pregio (ma per molti spettatori forse una tortura…) il procedere senza
dare troppe spiegazioni, è sicuramente un difetto (di sceneggiatura) il
rischio continuo e crescente di perdere il filo della narrazione.
Ciononostante ci è sembrato giusto incoraggiare un nuovo regista di
talento e di un'opera che possiamo definire 'sperimentale', che forse
dividerà i pareri del nostro pubblico ma contribuirà all'eclettismo del
nostro cartellone. |