30 Aprile .::Rendition::.  
 

Titolo originale: Rendition
Regia: Gavin Hood
Soggetto e sceneggiatura: Kelley Sane
Montaggio: Megan Gil
Fotografia: Dion Beebe
Musica: Paul Hepker
Interpreti: Reese Witherspoon (Isabella El-Ibrahim), Jake Gyllenhaal (Douglas Freeman), Meryl Streep (Corrinne Whitman), Alan Arkin (Senator Hawkins)
Durata: 122’
Distribuzione: Eagle Pictures
Origine: USA 2007

 

“Il diritto di punizione corporale che un uomo esercita su di un altro è una delle piaghe della società; è un mezzo sicuro per soffocare ogni germe di civiltà e di provocare la sua decomposizione”: così scriveva Dostoevskij più di un secolo fa, eppure spesso proprio in nome di quella “civiltà”, le torture continuano ad avvenire.
Uno dei contesti in cui avvengono è la “extraordinary rendition”, una pratica che consente il rapimento di cittadini stranieri residenti negli USA considerati una minaccia per la sicurezza nazionale, per essere detenuti e sottoposti a punizioni corporali in segrete prigioni oltreoceano.
“Rendition”, il film del regista sudafricano Gavin Hood, (Oscar 2007 con “Tsotsi”) parte da questo per realizzare un film corale e attualissimo, un thriller politico su come il clima di pregiudizio e morte che si respira nei paesi e nelle civiltà più coinvolte nella drammatica situazione geopolitica mondiale, si rifletta direttamente nelle vite di normali cittadini.
Cittadino americano di origine egiziana, Anwar El-Ibrahimi si volatilizza durante un viaggio aereo tra Città del Capo e Washington. È ingegnere chimico e come tale (ma non soltanto) sospetto
della progettazione di ordigni per attentati terroristici. Mentre Isabella (Reese Witherspoon), moglie in dolce attesa, chiede aiuto a un antico compagno di studi, attuale assistente di un senatore, facciamo conoscenza con una piccola folla di altri personaggi: l'agente della Cia Freeman (Jake Gyllenhaal), sull'orlo di una crisi di coscienza per le brutalità di cui è stato testimone in una
prigione segreta del Nordafrica; la signora Whitman (Meryl Streep), duro capo dell'agenzia; Abasi Fawal, capo dei torturatori con problemi di famiglia: sua figlia, l'adolescente Fatima, è innamorata
di un giovanissimo jihadista.
“Rendition” è, a suo modo, una storia di fantasmi.
Fantasmi sono coloro che scompaiono dalla lista dei passeggeri in volo per l'America: prelevati, sottoposti a detenzione senza nessun tipo di assistenza legale o sanitaria, trasferiti presso carceri segrete all'estero e torturati, sulla base di indizi sommari e naturalmente delle origini arabe.
Fantasmi i familiari sulle sue tracce, ignorati e umiliati nel nome della “giusta causa” anche se cittadini statunitensi e poco importa se all'ultimo mese di gravidanza.
Fantasmi i ragazzi arabi di un paese in preda agli attentati dell'ennesimo gruppo terrorista, che scelgono la vendetta e, dopo un accurato lavaggio del cervello, la jihad e il martirio.
L'odio che genera odio, la guerra preventiva al terrore, le detenzioni illegali, l'azzeramento dei diritti, il sostegno bipartisan del Congresso (la legge sulle “extraordinary rendition” fu emanata sotto la presidenza Clinton per poi essere ampliata a dismisura da Bush): tutto converge e miracolosamente regge nel primo film americano di Gavin Hood.
Il film è volutamente didascalico, ma c’è una scelta di strategia narrativa che lo rende alquanto originale; la sceneggiatura di Kelley Sane infatti spariglia le nostre presupposizioni di spettatori abituati a dare pigramente per scontato ciò che non lo è. Non aggiungiamo altro: i più smaliziati drizzino le antenne sui “tempi” narrativi del film, gli altri si godano la sorpresa.