22 Marzo 2012
 
 
.::This Must Be the Place::.
 
 

Titolo originale: This must be the place
Costumi: Karen Patch
Regia
: Paolo Sorrentino
Interpreti: Sean Penn (Cheyenne), Frances McDormand (Jane), Harry Dean Stanton (Robert Plath), Judd Hirsch (Mordecai Midler), David Byrne (se stesso), Eve Hewson (Mary)
Soggetto: Paolo Sorrentino
Sceneggiatura: Paolo Sorrentino, Umberto Contarello
Fotografia: Luca Bigazzi
Produzione: Indigo Film, Lucky Red, Medusa,
Montaggio: Cristiano Travaglioli Irish Film Board, Pathé, Eurimages
Musica: David Byrne, Will Oldham
Distribuzione: Medusa
Scenografia: Stefania Cella
Nazionalità: Francia, Italia, Irlanda 2011
Durata: 118’

 

Il primo incontro di Sorrentino con Sean Penn è stato al Festival di Cannes nel 2008, quando il nostro regista ha ricevuto dalle mani dell’attore, presidente della giuria, il premio per “Il Divo” e da subito Penn ha manifestato grande interesse per le sue opere, dichiarandosi disponibile a lavorare con lui.
Quella che poteva essere una semplice attestazione di stima, si è invece concretizzata in un film che sotto molti punti di vista è anomalo.
Prima di tutto, niente nella filmografia di Sorrentino (Le conseguenze dell’amore e Il Divo) poteva far pensare ad un film di grosso budget, girato in inglese (lingua che non conosce), con attori ed attrici di grande spessore internazionale.
Poi il protagonista, un’improbabile rockstar ormai cinquantenne che si è pensionato precocemente dalla vita e dal successo, ritirandosi in uno sperduto angolo della periferia di Dublino, alieno a se stesso e al mondo che lo circonda.
Infine la storia, un road movie nel senso classico ma anche un lungo e complesso viaggio interiore che il protagonista compie alla ricerca della sua infanzia e del senso della vita, nel tentativo di conciliare un passato doloroso di abbandono percepito con un presente ancora irrisolto.
Protagonista è Cheyenne ex rockstar, che ha lasciato il palcoscenico ma che a 50 anni ancora si veste e si trucca come nei giorni gloriosi del suo passato (la fonte di ispirazione è Robert Smith leader dei Cure, band inglese nata a fine degli anni 70), una figura eterea,stralunata, che sembra sempre sul punto di dissolversi nella caricatura. Al suo fianco la moglie, donna solida che sa arginare con il sorriso la sua depressione e ancorarlo alla realtà.
Cheyenne si trascina un bagaglio di situazioni irrisolte che lo condizionano pesantemente, prima fra tutte il rapporto con il padre che ha lasciato a 15 anni non sentendosi amato. Sarà la morte del padre ad obbligarlo ad affrontare una realtà sempre negata, dandogli la forza per tornare negli Stati Uniti sulle tracce del genitore, scoprendone aspetti sconosciuti, arrivando infine a rintracciare il carnefice nazista che lo aveva umiliato nel lager. Cheyenne compirà la sua “vendetta” sull’uomo portando a termine la missione del padre e rompendo finalmente l’equilibrio stanco su cui si regge la sua vita.
E’ forse il riferimento all’Olocausto la parte più controversa e debole del film e, anche se il regista ha più volte affermato di non averne voluto fare il nodo centrale della narrazione, risulta lo stesso poco efficace e un poco pretestuosa.
La musica è un elemento fondamentale del film a partire dal titolo che è anche quello di un brano dei Talking Heads del 1983. David Byrne, leader della band che si è sciolta nel 1991, ha poi continuato la carriera di musicista ed è qui autore della colonna sonora e recita in un gustoso cameo.
Infine gli attori: Sean Penn, straordinario nel rappresentare un personaggio al limite del grottesco, sa trasmettere fragilità e determinazione, Frances McDormand (già vista in Fargo e Burn After Reading) è formidabile nel ruolo della moglie ed è un peccato che esca presto di scena, ma anche il resto del cast di attori è di altissimo livello come lo sono la scrittura e la splendida fotografia di Luca Bigazzi.